
UDINE – Che giornata da malandrini, amici lettori. Il cielo sopra il Friuli era d’un bigio metallico che pareva un’armatura, e l’aria, be’, l’aria tagliava la faccia come un rasoio d’antiquariato. Insomma, un clima da sana pianta fùbalistica, di quella che ti fa venire voglia d’una grappa forte o, al limite, di restare al caldo. Invece, eccoci qui, al Bluenergy Stadium, per questo scontro che sulla carta doveva essere l’apoteosi del blasone bolognese e il martirio dell’Udinese.
Il Bologna, diciamocelo subito, arrivava con il vestito della festa e i galloni del favorito sulle spalle. Squadra che ragiona e che pedala, si dice. Ma il bello del fùbal, miei cari, è che spesso le carte si mescolano in campo come un mazzo truccato.
E per un bel pezzo, un bel primo tempo intero, pareva che a Udine ci fosse stato un clamoroso scambio di persona. Chi doveva fare l’Udinese ha fatto il Bologna, tessendo trame e cercando l’affondo con una scioltezza che non t’aspetti da questi ragazzi friulani. E chi doveva fare il Bologna, be’, si è ingarbugliato in una tela che lui stesso aveva ordito male, giocando di sbieco, con quella poca favilla che non accende il fuoco.
I bianconeri di casa, spinti da un pubblico che s’era portato il cuore caldo da casa per combattere il freddo, parevano degli scaricatori di porto trasformati in ballerini; mentre i petroniani – con la loro presunzione da classifica alta – sembravano i camerieri che sbagliano l’ordinazione. L’Udinese macinava campo, difendeva e ripartiva che era una bellezza, e quando Okoye para un rigore, cosa mai successa, che solo tanta grappa poteva concedere si spera nel miracolo.
Ma il fùbal, ahimè, è come una donna: ti fa illudere, ti fa sognare, e poi ti molla a terra con un calcio negli stinchi. Quando la ripresa s’è fatta più cupa, ecco che la legge non scritta del pallone ha presentato il conto.
È bastato un pasticcio (come chiamarlo altrimenti?) in difesa, una palla persa con la leggerezza d’una farfalla in mano a un bimbo, ed eccola lì: la beffa. Il Bologna, che fino ad allora aveva vivacchiato, ha trovato la zampata d’uno che non ti aspetti, quel Pobega, che s’è messo a fare la parte del lupus in fabula e ha segnato una doppietta, una quasi subito dopo l’altra.
E lì, miei cari, l’Udinese è crollata come un castello di sabbia con la marea che arriva. La testa, dicono i sapienti. Io dico la coscienza di essere sguazzi contro chi ha più sale in zucca e più panchina lunga. Il sogno di ribaltare il pronostico s’è rotto, e il finale è stato solo la certificazione d’una sconfitta che fa male, eccome se fa male, perché fino a metà gara avevi pensato: oggi si fottono.
Il terzo gol, a tempo scaduto, è solo un epitaffio sulla lapide di una partita che l’Udinese non ha vinto perchè un tempo lo ha giocato male ed ha avuto il peccato capitale della dabbenaggine quando contava di più.


