
Quando Udine si fermò per difendere il suo sogno bianconero
Udine, estate 1983. L’afa di luglio sgrava su tutta Italia, eppure in centro a Udine in Piazza XX Settembre, l’aria è elettrica e il caldo non sembra avere la meglio. Migliaia di tifosi bianconeri – e con loro tanta gente comune, fiera di essere friulana – si sono dati appuntamento per difendere un sogno appena assaporato e già messo in discussione: vedere Arthur Antunes Coimbra, detto “Zico”, indossare la maglia dell’Udinese.
Il 15 giugno il fuoriclasse brasiliano era atterrato a Ronchi dei Legionari accolto da cori, bandiere e lacrime di gioia. Pochi giorni dopo aveva persino giocato un’amichevole in notturna, lasciando intravedere quel destro vellutato che aveva incantato il Maracanã. Sembrava fatta: la stagione 1983/84 prometteva di trasformare la piccola Udine in una capitale calcistica.
Poi, il colpo di scena. Il presidente FIGC dell’epoca, Federico Sordillo, deciso a frenare la fuga di capitali verso l’estero, blocca con effetto retroattivo tutti i trasferimenti internazionali conclusi dopo il 13 giugno. Il 2 luglio, a mercato ormai chiuso, la Federazione annulla ufficialmente i passaggi di Zico all’Udinese e di Toninho Cerezo alla Roma. In Friuli scoppia la rivolta morale.
Due giorni più tardi, il 4 luglio, la piazza si riempie come non mai. Sciarpe, tamburi, fumogeni, ma soprattutto cartelli. Su uno, destinato a entrare nei libri di storia del tifo, campeggia la scritta “Zico o Austria”: nessuna minaccia separatista, ma l’iperbole di un popolo deciso a tutto pur di non rinunciare al proprio eroe. È il grido di una comunità che, abituata a farsi da parte, rivendica con orgoglio il diritto di sognare in grande.

La manifestazione è pacifica ma rumorosa. Dagli altoparlanti improvvisati risuonano gli inni friulani e le note del samba; qualcuno distribuisce volantini bilingue, italiano e portoghese, per dimostrare al campione che qui è già di casa. Giornalisti e fotografi immortalano la scena: Udine, di colpo, è al centro dell’Italia sportiva.
Succede qualcosa di inaspettato mentre la piazza ribolle, dietro le quinte si muovono forze diplomatiche insospettate. Senatori friulani, imprenditori, amministratori locali: tutti premono affinché la vicenda non si chiuda con un muro contro muro. L’intervento più illustre arriva dal Quirinale: il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, appassionato di calcio, si dice favorevole all’arrivo di Zico e Cerezo, definendolo un arricchimento per il campionato italiano. Così il 22 luglio il CONI, organo di garanzia dello sport nazionale, ribalta la decisione FIGC: via libera ai tesseramenti.
Il sogno bianconero è salvo.
Zico resterà in Friuli solo due anni, ma lascerà un segno incancellabile: 54 presenze, 30 gol tra Serie A e Coppa Italia, giocate da antologia e un senso di appartenenza che lo riporterà più volte a salutare “la sua Udine”. Al di là dei numeri, il Galinho consegna ai tifosi il ricordo di un’epoca in cui la provincia sfidò i giganti a viso aperto, dimostrando che il talento può sbocciare ovunque.
Oggi, quarantuno anni dopo, quel cartello “Zico o Austria” è ancora esposto nel museo della società come reliquia di orgoglio e determinazione. A ricordarci che, qualche volta, un’intera città può cambiare il corso della storia semplicemente scendendo in piazza e credendo nel proprio sogno.
