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Animati, inanimati, ma anche sociali

redazione 27 Gennaio 2014

Animati, inanimati, ma anche socialiI gruppi sociali (i “ricchi”, i “poliziotti”, i “vecchi”…) sono una categoria speciale per il cervello, distinta da altre, come per esempio gli oggetti animati e quelli inanimati. Lo dice uno studio di ambito neuropsicologico condotto su pazienti con deficit cognitivi. Lo studio vede come primi autori Raffaella Rumiati della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, e Andrea Carnaghi, dell’Università di Trieste.

Per il nostro cervello oggetti animati e oggetti inanimati sono parte di categorie differenti e le informazioni che li riguardano sono immagazzinate e processate da network diversi. Uno studio di Raffaella Rumiati della SISSA, Andrea Carnaghi, dell’Università di Trieste, e altri mostra che esiste anche un’altra categoria funzionalmente distinta dalle altre, e cioè quella dei gruppi “sociali”. La ricerca è stata appena pubblicata sulla rivista scientifica Cognitive Neuroscience.

Sono gli studi di neuropsicologia ad aver mostrato la distinzione funzionale fra alcune “macro-categorie”. “In neuropsicologia cerchiamo la ‘doppia dissociazione’”, spiega Rumiati. “Per esempio possiamo osservare un certo numero di pazienti che hanno un deficit cognitivo nel riconoscere gli oggetti animati, ma hanno conservato la capacità di riconoscere quelli inanimati. Per dire che le due funzioni sono separate però, dobbiamo trovare anche pazienti che mostrino il problema opposto cioè che abbiano difficoltà con gli oggetti inanimati, ma che conservino buone capacità cognitive per quelli animati”.

Rumiati e colleghi hanno applicato questa metodologia al riconoscimento di gruppi sociali. “La categoria ‘sociale’ ha un’enorme importanza dal punto di vista evolutivo per l’essere umano, per questo motivo è sensato pensare che nel cervello esistano dei circuiti ad hoc che garantiscano efficienza e velocità nel riconoscimento”. Rumiati e Carnaghi hanno selezionato un certo numero di pazienti con problemi di demenza e li hanno sottoposti a test per valutare la selettività dei deficit. “Cercavamo pazienti con difficoltà solo con gli oggetti inanimati, altri solo con gli oggetti animati, e altri ancora solo con i gruppi sociali, per provare la doppia dissociazione di queste funzioni”. Come prima cosa Rumiati e Carnaghi hanno verificato il dato in letteratura, e cioè la doppia dissociazione fra la categoria animati e quella inanimati. “Gli studi classici hanno più spesso usato come stimoli delle figure, mentre noi abbiamo utilizzato le parole. Il fatto di replicare il dato dimostra la robustezza del nostro impianto teorico”.

Il risultato principale però è stato osservare la doppia dissociazione dei gruppi sociali sia dagli oggetti animati che da quelli inanimati. “Questo significa che i gruppi sociali sono una categoria ‘speciale’ nel nostro cervello” spiega Rumiati. “Abbiamo dei meccanismi cognitivi dedicati a questo tipo di stimoli, perché riconoscere per esempio il “mafioso”, il “criminale” o il ‘poliziotto’ può salvarci la vita”.

“Questo studio”, spiega Carnaghi, “ha un’implicazione importante. Dimostra infatti che ha senso usare i metodi quantitativi delle neuroscienze anche nell’ambito delle scienze sociali, in particolare negli studi su come si formano stereotipi e pregiudizi. Grazie a questo studio sappiamo che lo stereotipo legato alle persone è processato dal cervello in maniera diversa dallo stereotipo che può riguardare un oggetto inanimato, o un animale”.

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