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DIEGO ARMANDO MARADONA: GENIALITA’ E SREGOLATEZZA

Samuele Marcon 28 Novembre 2020
Adios DM1O

Pochi giorni fa un’inaspettata e spiacevole notizia proveniente dalla stampa argentina ha sconvolto la giornata di numerosi sportivi e appassionati di calcio: un arresto cardiocircolatorio ha colpito in maniera letale Diego Armando Maradona, poco tempo dopo il suo ritorno a casa, in seguito ad un delicatissimo intervento al cervello per rimuovere un ematoma subdurale. Il mondo intero si è bloccato per un istante, in molti hanno gridato alla fake news ma stavolta è tutto vero: ci ha appena lasciati un’icona mondiale, un vero e proprio simbolo di sport e umanità, ma anche un testimone in prima persona dell’estrema fragilità che caratterizza l’animo umano.

Il “Pibe de Oro” ha iniziato e poi concluso la sua carriera calcistica in terra natia, vestendo le maglie di Argentinos Juniors, Newell’s Old Boys e Boca Juniors; ha trascorso anche diversi anni presso la penisola Iberica, militando nel Barcellona e nel Siviglia. Tuttavia, è ricordato da tutti per gli anni trascorsi a Napoli, tra il 1984 e il 1991; con la compagine partenopea egli vinse ben due scudetti (1986-1987; 1989-1990), una Coppa Italia (1986-1987) ed una Supercoppa Italiana (1990) e si aggiudicò la classifica cannonieri della stagione 1987-’88, siglando 15 reti e divenendo l’idolo assoluto del popolo campano e non solo. Volendo stilare una scheda tecnica di Maradona, si può dire che egli era un abile trequartista di piede mancino, dotato di grande tecnica, visione di gioco e di un dribbling a dir poco esplosivo; emblematico a tal proposito il gol segnato contro l’Inghilterra ai Mondiali in Messico del 1986, ribattezzato da molti come “il gol del secolo”, una sorta di espiazione della rete realizzata pochi minuti prima con la mano, episodio da cui deriva la celebre “mano de Diòs”. Il numero dieci dell’ Albiceleste era inoltre uno specialista sia della skill conosciuta come rabona, sia della palla inattiva: basti pensare che solo nel periodo europeo, mise a segno ben 62 calci di punizione e 49 tiri dal dischetto su 52 totali. Al termine della sua carriera da calciatore, oltre ad aver presenziato come ospite ad alcune delle più importanti trasmissioni di tutto il mondo, ha vestito i panni di allenatore e\o dirigente presso numerose società, tra cui menzioniamo gli arabi dell’Al-Wasl, il Boca Juniors, la nazionale Argentina e l’ultima esperienza al Gimnasia. Nel 1995 vinse il Pallone d’oro alla carriera, non potendo riceverlo prima, essendo esso riservato ai soli nativi Europei; fu inoltre riconosciuto dalla federazione del proprio Paese come il miglior calciatore della Selecciòn di tutti i tempi, segnò 36 reti, -allora un record, superato poi da Messi (71)- e detiene assieme al brasiliano Pelè il premio di miglior giocatore del XX secolo.

All’immagine pubblica di immenso professionista appena presentata, si contrappone poi la controversa figura di Diego, un uomo dalla vita eccessiva e sregolata da un lato ma dall’immensa generosità dall’altro, una sorta di Dr Jekyll & Mr. Hyde vivente. A lui sono imputabili diverse accuse di evasione fiscale, a cui si aggiungono quelle presunte di violenza domestica, la legittimità dei figli riconosciuta solo in seguito, le amicizie con alcuni camorristi dell’epoca, sino ad arrivare alle diverse dipendenze, da lui stesso dichiarate nella sua biografia dal titolo: “Yo soy el Diego” (2002), le quali gli causarono innumerevoli problemi di salute. L’aumento vertiginoso di peso dovuto all’abuso di cibo, alcol e cocaina, lo costrinsero a diversi ricoveri ospedalieri, a due interventi di bypass gastrico ed a specifici percorsi di disintossicazione. A questa parte oscura, dietro a cui si celano tutti i dolori lancinanti e le fragilità dell’animo umano, si affianca poi la sua immensa umanità, che gli ha permesso di diventare un vero e proprio simbolo della cultura popolare: nato da una famiglia di umili origini e di bassa estrazione sociale, nonostante i guadagni ed i successi, non abbandonò mai l’eloquio tipico del popolo e non smise mai di schierarsi dalla parte dei più deboli, scagliandosi apertamente ed a più riprese contro i poteri forti. La sua rilevanza a livello culturale, è ulteriormente tastabile attraverso numerosi libri, film e canzoni realizzati in suo onore, tra cui ci limitiamo a citare la pellicola “Maradona, la mano de Dios” del 2007 e la più moderna canzone incisa dai Thegiornalisti, dal titolo “Maradona y Pelè”, a cui si aggiungono diversi stadi a lui intitolati (fresco fresco il vecchio San Paolo di Napoli), murales, altarini, statuette e oggetti di vario tipo.

In molti da tempo si stanno interrogando su chi tra lui o il fenomeno brasiliano Pelè sia effettivamente il migliore di tutti i tempi, ma tale dibattito riveste un’importanza marginale, poichè la figura di Maradona rimarrà indelebilmente scolpita nelle menti di tutte le generazioni di sportivi, passate, presenti e future; definito da molti come “il Dio del calcio”, si può dire più semplicemente che Maradona è il calcio, un connubio perfetto di genialità e sregolatezza.

Samuele Marcon

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