Lo stop di questo Governo
 regionale al consumo di suolo costituisce una inversione di
 marcia rispetto alla scorsa legislatura e a quelle che l’hanno
 preceduta. Perché è vero che il PG approvato con Tondo e Illy
 conteneva tra le finalità anche la limitazione dell’uso del
 territorio, ma quelle limitazioni non hanno impedito
 concretamente la realizzazione di nuove aree commerciali e
 artigianali, come invece avverrà con questa legge”.
È questo il commento del capogruppo di Sel in Consiglio regionale
 Giulio Lauri al provvedimento sull’urbanistica e l’uso del suolo
 all’attenzione dell’Aula.
“Anche in Friuli Venezia Giulia – aggiunge – per anni il nostro
 territorio è stato silenziosamente occupato da nuove aree
 residenziali, a bassa intensità, ville, seconde case, capannoni
 industriali, magazzini, autostrade, parcheggi, cave, discariche,
 continuando a trasformare la campagna in città, e la città come
 la conosciamo, in un continuum di antropizzazione diffusa e
 indistinta. Una regione che è stata un modello in materia di
 urbanistica, ha avuto un incremento, come dimostrano gli studi
 effettuati dal 2002 al 2014, pari a 1324 campi di calcio, circa
 un centinaio all’anno, nonostante la crescita demografica si
 avvicini allo zero”.
“Dopo l’approvazione delle linee guida per la redazione del Piano
 paesaggistico regionale del 2013, questo provvedimento
 rappresenta il secondo passo di un cambiamento di approccio nella
 pianificazione regionale che culminerà nella riforma urbanistica
 che dovrà affrontare anche il nodo del consumo di suolo nelle
 aree residenziali, il tema della invarianza agricola richiesto
 dal settore primario e quello della rigenerazione urbana e del
 suolo”.
“In questa legislatura – conclude Lauri – la maggioranza ha
 scelto la cooperazione fra istituzioni, quella della
 copianificazione tra Stato e Regione, dopo che per anni – ed è
 questo il grado forte di discontinuità che voglio sottolineare –
 nelle due legislature precedenti si era insistito su un governo
 del territorio che di fatto prescindeva dal contesto
 paesaggistico, e da grandi questioni come quella del consumo del
 suolo, ma che aveva la pretesa di costruire, in un secondo tempo,
 quello del confronto con lo Stato, la propria valenza
 paesaggistica. Una strada di pesante infrastrutturazione del
 territorio, una infrastrutturazione ‘a prescindere’ che
 paradossalmente è finita su un binario a bassa velocità, se non
 proprio su un binario morto”.


