
É aperta al pubblico fino a fine mese nell’area espositiva dei Bastioni di San Giovanni a Padova, la mostra, personale di Chiara Tioli, cui si accompagnano le poesie di Federica Castellini. Principium Mundi é un titolo suggestivo che rimanda alla ricerca di un’ identità primitiva, forse illusoria, onirica, perché la verità del principio mi pare irraggiungibile, se non fideisticamente. Ma il Principium di Chiara Tioli è una ricerca e un dialogo interiore costruito su simboli, vibrazioni e lacerti cromatici, schegge energiche determinate da una proposta astratta, cioè sintetica, piuttosto che analitica e figurale.L’evidenza della volontà astrattista si coglie nella polverizzazione degli accenni tracciati, e nelle campiture cromatiche che paiono vaste periferie di colore, talvolta anche aree geometriche, ordinate quasi riletture matematiche.I colori più ricercati dall’autrice mi paiono quelli di tonalità calda, che raccontano di vivezze e di urgenza di risposte esistenziali, ma anche di una spontaneità di espressione non condizionata da regole.Una pratica di grande libertà, sia sul piano logico che su quello emotivo.Un cammino, un’evoluzione, come peraltro spiega un suo titolo, un narrato che si piega al mistero della vita e a domande che percorrono sentieri esistenziali, nell’urgenza di una risposta che potrebbe mancare.Vito Sutto[15/7, 19:05] Professore Marinoni Vito Sutto: Il sorprendente smarrimento di fronte all’origine, lo coglie anche Federica Castellini che con la sua poesia accompagna Chiara Tioli.Uno smarrimento che azzera la ragione, perché di fronte alla domanda cardine sul quando e sul perché si spengono sotto le ceneri le braci del razionale.Però rimane il mistero con le sue inquiete tenebre.Il calcolo dei dadi più non torna, direbbe Montale.Quindi non chiederci la parola che mondi possa aprirti. Federica Castellini, più che il – ciò che non siamo e ciò che non vogliamo – ci offre le stelle da scalare e il suo commento ai frammenti luminosi che traccia Chiara.La, superficie di questa poesia, leggibile con immmediatezza, debitrice di una letteratura conosciuta e sedimentata da Federi ca Castellini, non elude interrogativi ed esplorazioni di una terra antica che canta, che eleva la sua preghiera al cielo.Mi pare molto suggestiva, tra le tante preziose allusioni, questa ieratica voce di una pietra neolitica che emerge come transito da una pianta nel deserto e saluta la notte che giunge, sottraendo ancora una volta il tempo al nostro vivere quotidiano.Vito Sutto