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Torre di Gazimestan (KOSOVO)

Stefano Serafini 23 Ottobre 2017
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La Torre di Gazimestan (in cirillico serbo: Газиместан) è il nome di un monumento che commemora la storica Battaglia della Piana dei Merli, ed è situato nelle vicinanze della Capiltale Pristina, a circa 6-7 chilometri a sud del luogo dove la battaglia è stata effettivamente combattuta.

E’ altresì noto come Kosovo Polje (Piana del Kosovo). Il nome è una parola macedonia derivata dall’arabo ghazi, che significa “eroe” o “campione”, e dalla parola serba mesto, che significa “luogo”.

Il monumento,progettato da Aleksandar Deroko, ‘ stato costruito nel 1953, sotto l’autorità della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.

È costruito secondo la forma di una torre mediovale ed è raggiungibile dall’autostrada Pristina-Mitrovica. E’ posto su una collina alta 50 metri, che domina la pianura sottostante, circa 5 km. a nord della capitale kosovara. Ogni anno, in occasione di Vidovdan (il giorno di San Vito, il 28 giugno del calendario gregoriano, 15 giugno del calendario giuliano), si tiene una commemorazione nei pressi del monumento: in tale data, l’edificio viene ricoperto da uno stendardo recante l’immagine del principe Lazar Hrebeljanović, condottiero dei serbi durante la battaglia del 1389, che perì a seguito della sconfitta contro gli invasori ottomani.

Nel 1989, Slobodan Milošević tenne presso Gazimestan un discorso che ebbe grande risonanza sia nell’allora Jugoslavia che all’estero.

Tale discorso, è da molti considerato il momento in cui l’allora Presidente della Repubblica Socialista di Serbia ha iniziato ad abbracciare la causa del nazionalismo serbo come compimento della sua “rivoluzione antiburocratica”.

Nel 2009, un anno dopo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo, la commemorazione vide la partecipazione di diverse migliaia di persone.

Nel 2010, il compito di custodire questo monumento è stato dato alla polizia del Kosovo, controllata dal governo guidato dai partiti albanesi: una decisione molto criticata da parte del governo serbo, che temeva principalmente che il monumento fosse destinato all’incuria e all’abbandono.

 

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