3 Ottobre, ancora una tragedia in mare, naufraga un barcone di clandestini diretto alle coste di Lampedusa. Sono 93 i corpi recuperati al largo dell’isola, a questi si aggiungono un centinaio di cadaveri, soprattutto donne e bambini, rinvenuti sotto il relitto del barcone che si trova a 40 metri di profondità. I sommozzatori impegnati nelle ricerche fino ad ora hanno trovato e estratto dal barcone affondato 17 corpi. Il bilancio dei morti,ancora provvisorio, sale dunque a 110. Ma contando il numero di cadaveri ancora da recuperare il numero delle vittime potrebbe raggiungere un totale di quasi 200 morti. I superstiti finora salvati sono 155, su un totale di almeno 500 profughi, tra somali, eritrei e ghanesi. I superstiti rinvenuti sono stati accompagnati sulla terra ferma dove hanno spiegato la dinamica dell’incidente: con l’obiettivo di farsi notare hanno acceso un fuoco incendiando una coperta ma il ponte era sporco di benzina e in poco tempo le fiamme sono divampate e l’intero barcone è stato divorato dalle fiamme. Nel panico totale tutti hanno provato ad abbandonare la barca buttandosi in mare. Durante la traversata, rivela sempre un superstite, alcuni pescherecci avrebbero visto il barcone e l’elevato numero di persone che trasportava senza però prestare aiuto. Il consiglio dei ministri ha proclamato un giorno di lutto nazionale per tale tragedia.
La situazione ora a Lampedusa è critica, a dirlo è il sindaco Giusi Nicolini, gli abitanti si sentono abbandonati dalle istituzioni a detta loro lontane e poco presenti e il centro d’accoglienza per i clandestini è sempre più pieno. All’interno, infatti vi sono 1350 persone e ora bisogna sistemare anche i superstiti di questo tragico incidente, e dare sepoltura ai morti che saranno trasferiti nell’hangar dell’aeroporto perché nel cimitero cittadino non vi è più spazio.