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“Born to (dis)criminate”: e San Siro disse “alzati e cammina”

redazione 5 Luglio 2025
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Milano, 30 giugno 2025. Una data storica: Bruce Springsteen torna a incendiare San Siro. C’è chi piange, chi canta, chi si commuove… e poi c’è chi arriva lì da disabile, e dopo un’odissea degna di Ulisse con la sciatalgia, si ritrova a domandarsi: ma siamo nel 2025 o nell’età del bronzo, versione “accesso negato”?

Capitolo 1: La mail fantasma

Tutto inizia con un gesto civile e moderno: scrivere una mail. Non una, ma varie. Come giornalista e disabile. Che combo! Uno pensa: “Mi leggeranno, no?” E invece niente. Nel sistema informatico di San Siro, evidentemente, le email dei disabili finiscono nello stesso buco nero dove vanno le promesse elettorali, i buoni propositi di Capodanno e i calzini appaiati nella lavatrice.

Capitolo 2: Il gioco dell’oca – edizione parcheggio

Arrivo con largo anticipo. Voglio fare le cose bene. Chiedo a un addetto dove parcheggiare vicino all’ingresso 14. Lui chiama, smanetta, chiede a un paio di anime vaganti in divisa. Dopo venti minuti mi guarda, sconfitto, e dice:
“Boh”.
Tiro i dadi e fra varie risposte casuali, mi tocca: “Prova a fare il giro dello stadio”. Un’idea geniale se stessimo stilando il copione della parodia di una commedia di Ionesco.
Alla fine parcheggio dove capita, come un contrabbandiere del rock. D’altronde l’inclusione bisogna anche un po’ sapersela creare.

Capitolo 3: L’ascensore di Schrödinger

Chiedo: “C’è un ascensore?”
Risposta: “No, ma ci sono le rampe.”
Perfetto. Solo che “rampe” in realtà era un simpatico eufemismo per “dieci scalinate da camoscio alpino”.
Salgo. Salgo. Salgo. A metà penso di mollare e aprire un chiosco di granite. Gli addetti, va detto, sono gentili, ma purtroppo non sono stati istruiti o hanno avuto in dotazione solo il manuale “101 modi per complicare l’accessibilità”.

Capitolo 4: Il mistero del secondo anello blu

Ho i biglietti per il secondo anello blu, noto anche come “Everest dei concerti”. Peccato che per arrivarci serva uno sherpa. I gradini sono alti quanto il volume di un Fender Tweed Deluxe “a palla”.
Chiedo se mi possono mettere in sala stampa. Risposta: impossibile.
Chiedo del prato, dove ci sono posti riservati alle carrozzine. Ce ne sono di liberi. Ma no, non si può. Dovevo fare richiesta prima.
Il prima è relativo: io l’ho fatta quando hanno annunciato il concerto.
Risposta dell’organizzazione: “Esauriti”.
Risposta visiva, quel giorno: “Posti liberi ovunque”.
Ma va bene così, perché, a quanto pare, la coerenza è un optional come l’empatia.

Capitolo 5: L’aiuto del popolo

A questo punto interviene il vero spirito rock’n’roll: la gente.
Alcuni del pubblico, insieme agli addetti più umani che burocrati, mi aiutano. Mi portano al mio posto, nonostante la geografia ostile e l’architettura in stile “se non cammini, ti arrangi”.

Il concerto? Splendido. Bruce è un dio. Ha energia, anima, cuore.
E pensare che con uno sforzo minimo, anche l’organizzazione avrebbe potuto essere all’altezza. Ma no: l’epica dell’inclusione finisce dove inizia la planimetria del Meazza.

Capitolo 6: Ma allora l’ascensore c’è!

Finito tutto, chiedo almeno di scendere da una rampa.
Un addetto, gentilissimo, mi dice: “Ma guardi, può usare l’ascensore”.
L’ascensore? Ma non era una leggenda metropolitana?
No, esiste. Solo che nessuno te lo dice. È come l’Area 51: ufficialmente non c’è, ma qualcuno ci è stato.
E infatti scendiamo. Io e altre persone con problemi motori.
E pensi: “Ci voleva tanto?”
Sì. A quanto pare, sì.

Capitolo 7: Conclusione (che sa di denuncia morale)

Ora, parliamoci chiaro: Milano è una metropoli europea, moderna, scintillante. Lo stadio è la Scala del calcio, e anche della musica Rock. Ma se sei disabile, è un girone dantesco senza ascensore visibile.
E non servirebbe essere la Silicon Valley dell’accessibilità: basta il buon senso.
Ma qui, fra mail ignorate, parcheggi misteriosi, scalinate killer e posti “esauriti” ma visivamente deserti, viene da chiedersi: a cosa serve fare la legge sull’accessibilità se poi nessuno la legge?

Oppure, per restare in tema, forse dovremmo prendere spunto da Bruce stesso:
“No retreat, baby, no surrender”… ma almeno un ascensore, sì.

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